[Mio capitano #33] Il faut aller voir
Due compiti autentici per educare lo sguardo e coltivare il rispetto
In questi giorni di ottobre, con le mie classi mi sto dedicando ad allenare lo sguardo e la sensibilità.
In una classe stiamo realizzando dei carnet de voyage: diari di viaggio che mescolano racconti, riflessioni, disegni e foto per esplorare i luoghi meno battuti dei paesi che studiamo.
“Il faut aller voir” - bisogna andare a vedere - è il motto dell’esploratrice Ella Maillart, ripreso dall’associazione francese IFAV che promuove questi diari e, con essi, l’idea di un viaggiare lento, consapevole, lontano dalla frenesia del turismo di massa.
In un’altra classe invece, stiamo realizzando campagne di sensibilizzazione sui diritti umani. I ragazzi si documentano su violazioni specifiche in diverse parti del mondo e creano contenuti - post social, podcast, canzoni - per informare e mobilitare le coscienze.
Due compiti autentici apparentemente diversi, ma legati da un approccio comune: l’idea di spingere i ragazzi ad andare oltre la superficie e a non accontentarsi delle immagini stereotipate che i media ci propongono, delle notizie che scorrono veloci sui social.
Educare significa allenare i ragazzi a guardare oltre, a cercare l’autenticità, a sviluppare quello sguardo critico e curioso che li renderà cittadini del mondo: persone capaci di relativizzare la propria prospettiva e rispettare gli altri nella loro diversità; persone sensibili agli abusi e alle ingiustizie, ovunque accadano.
In questo senso, viaggio come scoperta autentica e difesa dei diritti umani sono legati a filo doppio: entrambi nascono dalla capacità di guardare l’Altro senza giudicare, di accogliere le differenze come ricchezza.
Che si tratti di scoprire un borgo sconosciuto della Normandia o di difendere i diritti delle persone oppresse o discriminate, il processo è lo stesso: non fermatevi ai titoli dei giornali, non accontentatevi delle immagini stereotipate. Andate a vedere. Documentatevi. Approfondite. E poi, una volta che avete visto davvero, agite.
Spark ✨
A proposito del “senso del viaggio” come allenamento dello sguardo, scoperta e accettazione delle differenze, via per coltivare apertura e rispetto dell’Altro, condivido due pensieri di Ella Maillart:
“Chi vuole viaggiare bene, deve farlo lentamente […] per lasciare che il nuovo paese gli entri dentro e diventi una parte di lui”.
“Spesso ho pensato che una delle ragioni principali del viaggio sia di sviluppare in noi il senso di quella solidarietà, quell’unità senza la quale il nostro mondo moderno difficilmente potrà cavarsela. [… Per svilupparla,] bisogna avere più interesse e comprensione per la gente che incontriamo, sia in patria, sia all’estero.”
Ella Maillart, Il senso del viaggio. Piccola filosofia del vagabondare
Laboratorio 🎨
Vuoi riproporre queste attività interdisciplinari nella tua classe? Ecco le istruzioni dettagliate.
Carnet de voyage: l’arte del viaggiare lento
Il progetto parte da una riflessione sul viaggiare consapevole contrapposto al turismo di massa.
Cos’è un vero viaggio? Cosa significa guardare con i propri occhi invece di limitarsi a scattare selfie davanti ai monumenti più famosi? I carnet de voyage - diari di viaggio illustrati - sono la risposta creativa a queste domande.
Il processo:
Brainstorming: partite dal motto “Il faut aller voir” e discutete insieme i vantaggi del “viaggiare lento” rispetto al turismo di massa;
Scelta consapevole: fai scegliere destinazioni “inusuali” e autentiche, lontane dalle rotte più battute (no capitali famose);
Creazione artistica: i ragazzi scelgono il formato più affine alla loro creatività: diari cartacei personalizzati o digitali su Canva;
Narrazione multimediale: il diario contiene racconti, foto, disegni, riflessioni personali, curiosità.
L’obiettivo educativo?
Allenare l’osservazione, il senso critico, la capacità di cogliere l’autenticità oltre gli stereotipi.
Campagne per i diritti: cittadinanza attiva
Il progetto nasce dalla domanda “Come possiamo attivarci?”: dopo aver esplorato le diverse forme di attivismo, i ragazzi creano le loro campagne di sensibilizzazione sulle tematiche scelte.
Le fasi del lavoro:
Esplorazione dell’attivismo: visione di video di Greta Thunberg o esempi di altri giovani attivisti per creare identificazione;
Analisi di materiali di Amnesty International (riviste, opuscoli, campagne social, articoli online) e illustrazione dei suoi obiettivi e metodi;
Lettura condivisa: Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (puoi utilizzare anche versioni semplificate presenti sul sito di Amnesty);
Dalla teoria all’azione: brainstorming collettivo su “Come possiamo attivarci?”
Ricerca approfondita: ogni gruppo si documenta su violazioni specifiche in diverse parti del mondo;
Creazione: post social, podcast, canzoni, rap, petizioni; anche qui c’è libertà di formato, ogni ragazzo sceglie il linguaggio che preferisce.
Il risultato?
Non solo maggiore consapevolezza sui diritti umani, ma soprattutto la scoperta che anche loro possono fare la differenza, che la loro voce conta, che la creatività può essere strumento di giustizia.


