Educare alle emozioni non significa semplicemente “parlare di emozioni”.
Almeno, non solo.
Certo, a scuola possiamo parlare di emozioni ed esplorarle attraverso canali privilegiati come la lettura, la scrittura o il teatro (nelle prossime newsletter tornerò sul tema con alcune attività pratiche), ma questo viene di solito visto erroneamente come appannaggio di quei “sentimentali” degli insegnanti di lettere (o al massimo, di lingue o di arte).
Gli altri, quelli che si occupano di cose “serie” come le scienze, mica si occupano di emozioni.
Eppure, ci sono almeno due obiezioni fondamentali a questa visione:
Intanto, le emozioni nascono nel cervello e hanno a che fare con il rilascio di sostanze chimiche, il che le renderebbe un argomento principe da affrontare proprio da un punto di vista scientifico.
Come ho detto, educare alle emozioni va ben oltre il fatto di parlarne.
È una pratica quotidiana che attraversa ogni momento della vita scolastica.
A me piace pensarla come un vero e proprio “allenamento emotivo”: così come alleniamo il corpo, possiamo allenare la nostra capacità di gestire, riconoscere e valorizzare le emozioni in ogni contesto.
Questo allenamento emotivo è un approccio trasversale a tutte le discipline.
Non è un’attività aggiuntiva, ma un modo di fare scuola.
Innanzitutto, qualsiasi disciplina insegniamo, non possiamo prescindere dal creare relazioni (in quanto esseri umani) e la relazione è il primo canale fondamentale attraverso il quale passano l’educazione emotiva e “l’emozione di apprendere”.
Come spiega brillantemente Daniela Lucangeli, elementi come il contatto fisico, lo sguardo, il sorriso, la voce e le parole d’incoraggiamento sono veri e propri “interruttori emozionali” che attivano emozioni positive e, attraverso di esse, il “circuito dell’apprendimento”. Quando un bambino impara con ansia, questa emozione negativa si lega alle nozioni apprese, creando un cortocircuito che ostacola la capacità di imparare ulteriormente. Al contrario, quando un bambino studia con gioia, sostenuto e incoraggiato, nella sua memoria resterà traccia dell’emozione positiva, che gli trasmette un messaggio potente: questo ti fa stare bene, è un’esperienza gratificante che vale la pena continuare.
È fondamentale, per noi insegnanti, tenere conto di tutto questo e, ogni giorno, cercare una connessione emotiva che possa risvegliare e tenere viva “l’emozione di apprendere”.
Strategie concrete per l’allenamento emotivo
Approccio sperimentale: Proporre attività creative e compiti autentici, focalizzati sul processo e non sul risultato, libera l’apprendimento dal peso della prestazione. Quando i tuoi studenti sono coinvolti in progetti reali che rispondono a problemi concreti, l’attenzione si sposta naturalmente dall’ansia del voto alla curiosità e alla soddisfazione di creare qualcosa di significativo. Questo non solo favorisce emozioni positive, ma sviluppa anche l’autoregolazione (ovvero la capacità di gestire la frustrazione durante il processo creativo) e la resilienza (nell’affrontare e superare gli ostacoli che inevitabilmente si presentano).
Valutazione formativa: Reimpostare il rapporto con l’errore è fondamentale. Quando trasformi l’errore da nemico ad alleato, da fonte di vergogna a opportunità di crescita, stai insegnando una delle lezioni più preziose per la vita. Una valutazione che valorizza il processo, che offre feedback costruttivi invece che semplici giudizi, educa all’umiltà, ovvero a imparare dalla sconfitta e quindi costruisce resilienza, riducendo significativamente l’ansia da prestazione.
Educare alle sfide (NON eliminare le sfide): Attenzione: favorire e alimentare le emozioni positive degli studenti non significa eliminare le sfide o rendere tutto facile. Al contrario, significa creare un contesto emotivo in cui le sfide possano essere affrontate con fiducia anziché con paura. Proporre obiettivi ambiziosi ma raggiungibili, accompagnati da supporto e incoraggiamento, permette ai tuoi studenti di sperimentare la gioia profonda che deriva dal superare un ostacolo difficile. È questa combinazione di sfida e supporto che crea le condizioni ideali per l’apprendimento significativo.
In conclusione, l’educazione emotiva non è un’aggiunta al curriculum, né un tema da trattare occasionalmente. È il fondamento su cui costruire ogni esperienza di apprendimento.
Visto il legame profondo tra emozione e cognizione, integrare consapevolmente la dimensione emotiva nella nostra didattica quotidiana è essenziale per educare a pensare e a sentire, due competenze inseparabili di cui dobbiamo prenderci cura come insegnanti.
Spark ✨
“La benzina della mente […] sono le emozioni positive. Se le emozioni che accompagnano il compito, la fatica dell’apprendimento, sono di paura, noia, stress, timore per il rischio di essere interrogati, si producono risposte neurofisiologiche; onde cerebrali che riconoscono un alert antico, il quale dice: «Scappa, proteggiti, pericolo!».
Invece, tante frequenti emozioni ad alta intensità positiva riattivano il circuito dell’apprendimento e lasciano libera la funzione cognitiva di continuare a imparare. […]
Nella scuola che vorrei i bimbi non consumano energia biopsichica sulla base di un alert costante, anzi, gli insegnanti puntano a ridurre questi stati incoraggiando le emozioni positive che nutrono l’apprendimento, che stimolano l’interesse, la curiosità, il senso di completezza di sé, la percezione di affrontare una sfida commisurata alle proprie possibilità. Il tutto non per una scuola «facile», ma per una scuola autentica”.
Daniela Lucangeli, Cinque lezioni leggere sull’emozione di apprendere
Grazie,buona Domenica